Quando trovate le parole superfood o detox in etichetta state attenti, perché spesso sono solo parole vuote inventate da marketing per vendere di più. Vi sveliamo la realtà dietro i prodotti alimentari detox e sul cibo veramente super, così la prossima volta che trovate “detox” o “superfood” su una confezione, girate la confezione, leggete la lista ingredienti, e chiedetevi: ‘lo comprerei anche senza quella scritta? E in più: vi diamo le alternative davvero sane secondo la scienza.
Superfood e detox: i termini che fanno vendere
Nel mondo della sana alimentazione, ci sono due parole che fa impazzire marketing e social: superfood e detox. Suonano bene, sembrano magiche, e danno l’idea che basti mangiarne un cucchiaio, e berne un sorso per diventare un ninja zen pieno di energia e salute. Ma… è tutto vero?
Nel frullatore del marketing alimentare queste due parole strillate in etichetta sono usate per attirare l’attenzione. Ma sapete veramente cosa sono? Spesso solo etichette vuote….
Il termine ‘superfood’ non ha alcun riconoscimento scientifico ufficiale: non esiste una definizione condivisa da enti come l’EFSA (European Food Safety Authority) o l’OMS.
Und ‘detox’? Il nostro corpo ha già il suo sistema di disintossicazione: si chiama fegato, insieme a reni e intestino.
Sono dei termini coniati dal marketing per indicare alimenti molto ricchi di nutrienti, ma spesso sono solo un’etichetta che fa lievitare i prezzi!
Bevande detox: moda o bufala?
Succhi verdi, acque con limone, mix miracolosi per depurarsi… ma la British Dietetic Association è chiarissima:
‘Non ci sono prove scientifiche che le diete o i prodotti detox migliorino l’eliminazione delle tossine dal corpo più efficacemente degli organi che già abbiamo’, dichiara la BDA, nel suo Detox Factsheet del 2018.
Tatsächlich, molte bevande detox sono solo acqua con zucchero, aromi e un colore esotico.
Sono ilfegato, i reni e l’intestino a fare tutto il lavoro di pulizia del nostro corpo dalle tossine. Nessuna bevanda miracolosa può pulirci meglio.
L’alternativa naturale a succhi green zuccherati, tisane con nomi promettenti spesso in inglese (slim, fat burner, purificante) ed acque aromatizzate in bottiglia esiste:
verdure amare, come cicoria o rucola, che stimolano la digestione
Superfood: davvero così super?
I superfood vanno bene, ma non sono indispensabili. Spesso abbiamo equivalenti più freschi, locali e accessibili… ma senza hashtag esotici.
Prendiamo qualche esempio popolarissimo, pompato dal marketing alimentare, che ci abbindola facendoci pagare molto di più:
Superfood da copertina
Perché è super
Ma in Italia abbiamo…
Semi di chia
Ricchi di omega-3, importati, più costosi di altri semi oleosi
Semi di lino macinati più economici e assimilabili
Açai
Ricco di antiossidanti ma importato dal Brasile, costoso e spesso zuccherato
Mirtilli, ribes, more, meno costose e italiane
Quinoa
Proteine e aminoacidi
Farro, miglio, grano saraceno
Matcha (tè giapponese)
Contiene catechine, antiossidanti, più costoso, importato da Giappone, contiene anche caffeina
Tè verde bio o tisane alle erbe (melissa, finocchio, liquirzia)
Kale (cavolo riccio USA)
Ricco di ferro e vitamine, sano come altre verdure nostrane, costoso delle varietà di cavoli italiani
Broccoli, cavolo nero, spinaci, cicoria, più economiche
Avocado
Grassi buoni
Olio EVO, noci e mandorle
Uno studio pubblicato su Nutrition Bulletin nel 2011 dichiara senza mezzi termini che la parola superfood può fuorviare i consumatori inducendoli a pensare che alcuni alimenti siano magici per la salute, mentre l’equilibrio complessivo della dieta è più importante.
l potere del marketing green e sano
Molti prodotti scrivono detox, superfood, clean sull’etichetta solo per giustificare un prezzo più alto. In uno studio dell’Università di Copenhagen del 2019, i partecipanti giudicavano più sani i prodotti etichettati come superfood, anche quando avevano lo stesso contenuto calorico e zuccherino degli altri.
Che tradotto vuol dire: ci caschiamo con gli occhi, non con il palato.
Vuoi davvero un super cibo e una bevanda detox?
Non serve volare in Amazzonia per mangiare sano. Basta mangiare:
Mangiate fresco, vario, locale. E ricordatevi di fare del movimento, così il vostro corpo vi ringrazierà. Non ci sono dei miracoli costosi e che vengono da lontano ed etichette sul tappo.
Altri superfood e detox
Per saperne di più su questi cibi e bevande miracolosi:
Bella, Elegante, green. DasMonstera deliciosa, star delle piante da interni, è più di una pianta: è una dichiarazione di stile. Se volete rendere il vostro appartamento più accogliente, cool e instagrammabile, non potete non averla!
Monstera Deliciosa: la pianta d’appartamento più cool del momento
Se la vostra casa ha bisogno di un tocco di giungla urbana, la risposta è una sola: Monstera deliciosa.
Foglie giganti, forate e brillanti come opere d’arte, questa tropische Pflanze è diventata una vera star di Instagram, Pinterest e delle riviste di architettura.
Non si tratta più solo di una Zimmerpflanze, ma di un oggetto di design vivente: la trovate negli showroom minimalisti di Copenaghen, nei loft milanesi e nei set pubblicitari di New York. Una superstar vegetale, Kurz gesagt,.
Un’icona tropicale diventata pop
Originaria delle foreste pluviali del Messico e del Guatemala, die Monstera si è fatta largo nelle case di tutto il mondo grazie a:
Le sue foglie scenografiche: Große, Grün, tagliate in modo unico
L’adattabilità agli interni: ama la luce ma non il sole diretto
La capacità di crescere bene con pochi interventi e cure, anche in vaso
L’impatto visivo minimal-chic che la rende perfetta per salotti, camere e ingressi
Non a caso è stata ribattezzata ‘la regina delle piante da interni’.
Come integrarla nel tuo arredamento
La posizione ideale per la Monstera è:
Vicino a una finestra luminosa (ma senza sole diretto!)
In vasi grandi e alti per far risaltare il portamento
Perfetta per ambienti minimal o con palette neutre: diventa l’elemento wow
Gli abbinamenti vincenti
Per farne risaltare l’iconica maestosità e le grandi foglie lucenti, meglio collocarla
In vasi grandi di ceramica bianca lucida o cemento grezzo grigio
Accanto a mobili in legno naturale o metallo nero
Abbinata a stampe botaniche o arredi in stile japandi
Le regole d’oro per curarla
Se volete avere una Monstera sempre al top, ecco le 5 semplici regole da seguire per la sua cura:
Luce: ama la luce indiretta ma abbondante e niente raggi diretti
Annaffiatura: 1 volta a settimana in estate, Jedes 10-15 giorni in inverno
Umidità: ama gli ambienti umidi, spruzzate le foglie o usate un umidificatore
Land: drenante e ricco, con torba e perlite e allegerito con argilla o sabbia
Concime: 1 volta al mese, da aprile a ottobre, fertilizzante liquido per piante verdi da appartamento, diluito nell’acqua d’irrigazione
Temperatura: tra i 15° e 25°
Pulizia: usare un panno morbido o guanti di cotone per lucidare le grandi foglie e togliere la polvere
Curiosità da vera pianta pop
Il suo nome deliciosa deriva dal frutto che produce in natura, commestibile e dolce quando completamente maturo, chiamato ‘frutto del pane’, dal sapore di ananas e banana.
Negli anni ’70 era già un’icona: si ritrova nelle foto di interni boho ed etnici, anche se ormai oggi è dappertutto.
È detta anche ‘pianta svizzera’, per via dei buchi nelle foglie, simili a quelli del formaggio.
Endlich, è tossica per animali domestici, occhio se avete gatti o cani per casa.
Miti e curiosità sulle piante carnivore: possono davvero mangiare un dito umano? Sono pericolose per l’uomo? Rispondiamo ai vostri dubbi.
Piante carnivore: davvero possono mangiare un dito umano?
Spoiler: no, non possono divorarti come nei film. Ma questo non vuol dire che non siano incredibili. Le piante carnivore – da sempre protagoniste di romanzi horror, racconti pulp e film cult – hanno una biologia straordinaria e storie affascinanti da raccontare.
Alcune si muovono. Altre producono enzimi letali… per le mosche, almeno. Ma il mito della “pianta che mangia l’uomo” è un’esagerazione da giungla letteraria.
Ben più pericolose per uomini e animali sono le piante velenose, a cui bisogna veramente prestare attenzione, perchè a volte basta sfiorarle, come la Panace di Mantegazza. che causa vesciche, eruzioni cutanee e ustioni che richiedono anni per risolversi. Oppure la Mancinella, le cui foglie il fusto contengono una resina biancastra che produce estese irritazioni, e se bruciata, porta alla momentanea perdita della vista.
Dalla giungla ai B-movie: quando le piante fanno paura
Nel 1878 un giornale americano raccontò dell’albero mangia-uomini del Madagascar, una bufala colonialista poi smentita. Ma il seme era piantato: da lì in poi, le piante carnivore diventano icone da cinema horror e fantascienza.
La piccola bottega degli orrori, 1960 e 1986, dove si racconta di Audrey II, una pianta mutante con gusti… umani
Jumanji, 1995, con Robin Willimas che combatte piante di ogni tipo nel salotto
Rovine, 2008
Il campo del terrore, di Stephen King, dove si gioca con l’idea di piante malefiche e senzienti
Viaggio al centro della terra, Jules Verne, dove piante carnivore tentano di divorare alcuni dei membri della spedizione sotto i vulcano islandese Snaeffels da cui si accede al centro dell terra
Ma cosa fanno davvero le piante carnivore?
Le piante carnivore non si nutrono di carne come un leone: assorbono nutrienti da insetti o piccoli animali perché crescono in ambienti poveri di azoto, come torbiere, acquitrini o suoli acidi.
Le più famose? Eccole:
Tipo di trappola
PIANTA CARNIVORA
Come funziona
A scatto
Dionaea muscipula
Chiude le foglie su mosche e formiche
Ad aspirazione
Utricularia
Aspira la preda in un sacchetto sottovuoto
Ad imbuto (a caduta)
Nepenthes, Sarracenia
La preda scivola in un liquido digestivo
Ad appiccicoso (colla)
Drosera, Pinguicula
Le foglie secernono una sostanza vischiosa
Ma se ci infilo il dito?
La risposta è no. Non succede nulla. Per capirci, la famosissima ‘Venere acchiappamosche’ (Dionaea muscipula) si chiude solo se 2 peli sensoriali vengono toccati in sequenza. E anche se si chiude sul tuo dito, non ha abbastanza forza né enzimi per danneggiare la pelle. L’unico rischio è che la pianta si stressi: dopo 3-4 chiusure inutili può morire per esaurimento energetico.
Sembra invece che queste piante si siano evolute per rispondere alla scarsità di sostanze nutritive, in particolare alla mancanza di azoto. Ed esistevano già nel Cretaceo, più di 65 milioni di anni fa!
Nel tempo hanno sviluppato un’incredibile creatività nell’intrappolare gli insetti, non solo con una “colla” appiccicosa come quella usata dalla Triantha occidentalis, ma anche con rapidi movimenti delle foglie, o creando un vuoto interno per risucchiare i malcapitati.
Nessuna pianta carnivora è nota per catturare prede più grandi di un coleottero. E anche su un pianeta alieno, è improbabile che si nutrano di animali più grandi (nonostante le leggende sugli alberi mangia-uomini). Ma sono un altro esempio della diversità della vita sul nostro mondo e della probabilità che là fuori ci siano cose ancora più strane, in attesa di essere scoperte.
Le verità scientifiche
Vi diamo le verità scientifiche dei botanici, per contrastare le bufale sulle povere piante carnivore.
La digestione richiede giorni. I succhi digestivi delle piante sono deboli: bastano per sciogliere un insetto, ma non certo per la pelle umana.
Nessuna pianta carnivora può mordere. Non hanno muscoli: i movimenti sono lenti e dipendono da variazioni di pressione interna.
La preda più grande? Una rana o un piccolo topo in trappole giganti di Nepenthes rajah (Borneo). Ma è rarissimo e passivo: cadono da soli, non vengono cacciati.
Fonti scientifiche
Per scrivere questo. articolo abbiamo consultato anche:
Hai presente quella barretta light, o il succo che è 100% natürliche? Gut… spesso sono più zucchero di una caramella! Oggi smascheriamo i prodotti che si fingono salutari, ma dietro etichette colorate e claim altisonanti nascondono insidie: zuccheri aggiunti, grassi saturi e conservanti. Un viaggio divertente e un po’ irriverente tra frigo e scaffali per scoprire che non tutti i cibi sani sono veramente sani!
Non tutti i cibi sani sono veramente sani
Cibi sani? Non tutti lo sono veramente, sebbene l’etichetta strilli il contrario. Vi sveliamo la verità di alcuni snack, Joghurt, succhi e barrette energetiche che sotto sotto sono ben poco ‘naturali’ e come smascherarli.
Barrette energetiche – l’energia… zuccherosa
Molti le acquistano pensando che sono un concentrato di proteine attive, perfette per chi ga in palestra e vuole diventare sempre più fit. Tatsächlich, alcune contengono fino a 17 gr di zuccheri aggiunti per porzione!
Uno studio sulle snack bar svolto in India e negli USA mostra che, benché siano arricchite di proteine, restano comunque di cibi altamente processati e pieni di zuccheri semplici .
Il nostro consiglio: leggete la lista degli ingredienti con attenzione e scegliete barrette con meno del 5 gr di zuccheri aggiunti e ingredienti veri come noci, Erdnuss, frutta disidratata e cereali integrali.
Succhi naturali: vitamine o trappola liquida?
Sembrano freschi, ma spesso sono una specie di ‘caramella liquida’ con una quantità di zucchero simile a quella delle bibite gassate. Contengono molti zuccheri naturali (Fruktose) e aggiunti, tanto che una bottiglietta da 150 ml di succo può arrivare a contenere 12 gr di zuccheri liberi.
Anche se dicono di essere ‘senza zuccheri aggiunti’, sono veri e propri concentrati di zuccheri liberi die, secondo l’Organizzazione per la Sanità, dovrebbero restare sotto il 10 % del totale delle kCal giornaliere assunte da ognuno.
Il rischio è un’aumento della glicemia, delle carie e l’ingestione di ‘calorie vuote’.
Il nostro consiglio: meglio scegliere succhi con dicitura ‘succo 100% di frutta’ ed evitare quelli con dicitura ‘nettare’ o ‘bevanda al succo di’. Sempre meglio optare per un frullato home-made da frutta fresca o una spremuta.
Yogurt alla frutta: troppo buono per essere sano
Moltissimi yogurt alla frutta contengono in media 10-16 gr di zucchero per 100 gr di prodotto, alcuni più light 6 gr/100 gr ed a volte anche di più (fino a 20gr/100 gr), tanto da essere un vero dessert al cucchiaio. Questi zuccheri comprendono sia zuccheri aggiunti (soprattutto saccarosio) che quelli presenti naturalmente in latte e frutta.
Secondo l’American Heart Association, il limite giornaliero di zuccheri aggiunti non deve superare il 6% delle calorie totali, il che equivale a circa 25 gr per le donne e 36 gr per gli uomini. Occhio, dann, al vostro yogurt del mattino o della merenda, che sia veramente light.
Il nostro consiglio: meglio optare per uno Joghurtnaturale o lo yogurt greco, senza zuccheri aggiunti, e noterete che la differenza è sorprendente!
Low-fat e senza zucchero: il trucco marketing
Etichette tipo ‘light’ o ‘zero zuccheri’ possono ingannare: spesso le calorie mancanti sono compensate aggiungendo dolcificanti artificiali, grassi o addensanti.
Per vantare in etichetta un ‘basso contenuto di grassi’ il regolamento UE impone che ci sia < 3 gr di grassi per 100 GR di prodotto solido oppure < 1,5 gr di grassi per 100 ml per il liquido. Per avere ‘basso contenuto di zuccheri’ in etichetta, stattdessen, il Ministero della Salute impone che ci siano < 5 gr di zuccheri per 100 gr di solido o 2,5 gr per 100 ml di liquido. Und ‘senza zucchero’ deve addirittura avere < 0,5 gr di zuccheri per 100 gr o 100 ml des Produkts.
Studi recenti indicano che alcuni additivi alterano il microbiota intestinale e promuovono infiammazione cronica.
Il nostro consiglio: controllate che ci sia scritto ‘senza zuccheri aggiunti’ così sarete sicuri che non sono stati messi zuccheri o altri ingredienti per dolcificare. Anche l’etichetta ‘contiene naturalmente zuccheri’ aiuta a capire che ci sono zuccheri naturalmente presenti, come quelli della frutta. Al posto di uno snack Licht fatevi un infuso detox alle erbe o bevete del’acqua frizzante!
La lista nera dei cibi finto‑sani che ingannano anche i più attenti
Non serve rinunciare ai piccoli piaceri, ma occorre stare attenti e leggere le etichette! Scegliete sempre alimenti interi, con pochi ingredienti, poco zucchero e tanta fibra. E se vedete strilli di copertina con scritte come light, detox o zero zuccheri, fermatevi un attimo e chiedetevi: cosa stanno nascondendo?
Qui una lista di quelli finto-sani ma più ingannevoli e come sostituirli.
Fonti scientifiche internazionali
Alcune informazioni sono state prese da questi studi internazionali:
“Una mela al giorno toglie il medico di torno” è uno dei proverbi più famosi di sempre, ma ha davvero un fondamento scientifico?Scopriamo insieme perché mangiare una mela al giorno è una buona abitudine… ma non un lasciapassare per dimenticarsi della salute.
Un detto popolare di origine anglosassone
Il proverbio nasce in Inghilterra nella forma “An apple a day keeps the doctor away”, e nel tempo si è diffuso in tutto il mondo. Ma oggi la scienza cosa dice davvero?
Cosa contiene una mela?
Fibre solubili (come la pectina): aiutano a regolare colesterolo e glicemia.
Polifenoli e antiossidanti: contrastano lo stress ossidativo e l’invecchiamento cellulare.
Acqua: una mela è composta per oltre l’85% da acqua, utile per l’idratazione e il senso di sazietà.
I benefici reali secondo la scienza
Uno studio pubblicato su JAMA Internal Medicine ha analizzato migliaia di persone e ha scoperto che chi mangiava una mela al giorno aveva tendenzialmente bisogno di meno farmaci, ma non faceva meno visite mediche.
Inoltre, i polifenoli presenti nella buccia sono associati a benefici cardiovascolari, controllo della glicemia e riduzione dell’infiammazione cronica. Tuttavia, gli effetti variano in base alla dieta complessiva e allo stile di vita.
Perché non basta da sola
Mangiare una mela ogni giorno è una scelta sana, ma non può compensare uno stile di vita scorretto. I medici e i controlli periodici restano fondamentali. Inoltre, va ricordato che:
Ogni estate, puntualmente, ritorna il consiglio: “Hai appena mangiato, aspetta almeno tre ore prima di entrare in acqua!”. Ma cosa dice davvero la scienza? È davvero necessario attendere così tanto prima di fare il bagno al mare o in piscina?
Un mito duro a morire
L’idea che fare il bagno dopo mangiato possa causare congestioni gravi fino all’annegamento ha radici lontane e si è tramandata di generazione in generazione. Ma si tratta, appunto, di un luogo comune: non esiste alcuna prova scientifica che giustifichi questa precauzione così rigida.
Cosa succede davvero dopo mangiato?
Dopo un pasto, il corpo indirizza una maggiore quantità di sangue verso l’apparato digerente per facilitare la digestione. Questa redistribuzione del flusso sanguigno può causare una leggera sonnolenza o affaticamento, ma non comporta automaticamente un rischio per chi si immerge in acqua.
Fare attività fisica intensa subito dopo un pasto abbondante può al massimo provocare crampi muscolari o fastidi gastrointestinali, ma non si tratta di fenomeni gravi né così frequenti da giustificare una regola fissa.
Cosa dicono i medici?
Molti pediatri, nutrizionisti e medici sportivi concordano: non serve aspettare 3 ore. Un’attività leggera come nuotare, specialmente in modo rilassato e controllato, non rappresenta un pericolo per una persona sana.
Il consiglio valido è: ascoltare il proprio corpo.
Se ci si sente troppo appesantiti o assonnati, è meglio aspettare un po’. Ma se ci si sente bene, non c’è alcun motivo per rinunciare a un bagno.
In sintesi
Mito
Verità
Bisogna aspettare 3 ore dopo mangiato prima di fare il bagno
Non ci sono prove scientifiche che lo dimostrino. Se ci si sente bene, il bagno è sicuro anche dopo mangiato.
Fonti autorevoli
Società Italiana di Medicina dello Sport
American Red Cross – Aquatic Safety Guidelines
Ministero della Salute – Linee guida estate e prevenzione
Conclusione
È sempre bene tenere comportamenti prudenti in acqua, ma aspettare 3 ore dopo mangiato non è una regola basata sulla scienza. Facciamo attenzione ai veri rischi e liberiamoci dei falsi miti, anche in vacanza.
Colpo d’aria e cervicale: sfatiamo il mito. Quante volte abbiamo sentito dire: “Non metterti vicino alla finestra, ti viene la cervicale!” oppure “Chiudi che c’è corrente, mi blocco il collo!”. Ma è davvero così? La scienza dice di no.
La verità scientifica
Non esistono prove scientifiche che colleghino direttamente l’esposizione a una corrente d’aria con l’insorgenza di dolori cervicali o torcicollo. Il cosiddetto “colpo d’aria” è in realtà un concetto popolare, ma non supportato dalla medicina moderna.
I dolori nella zona del collo, noti come cervicalgia, sono generalmente causati da altri fattori, molto più concreti e documentati:
Posture scorrette, specialmente davanti al computer o alla guida
Sovraccarico da sforzi ripetuti o movimenti bruschi
Perché allora si prova disagio al collo con il vento?
In alcuni casi, il fastidio causato da una corrente d’aria fredda può essere reale, ma non è la causa della cervicalgia: piuttosto, può accentuare una tensione muscolare già presente o causare una leggera contrazione involontaria dei muscoli del collo.
Come prevenire i dolori cervicali davvero?
Per prendersi cura del proprio collo e della colonna cervicale, è utile:
Mantenere una postura corretta durante il lavoro e il riposo
Fare esercizi di stretching e mobilità regolarmente
Gestire lo stress con tecniche di rilassamento o attività fisica
Dormire con un cuscino ergonomico e su un materasso adeguato
In conclusione
Il “colpo d’aria” non è il vero responsabile della cervicale. Meglio puntare l’attenzione su abitudini quotidiane, postura e benessere generale. E se il dolore persiste, è sempre consigliabile rivolgersi a un fisioterapista o a un medico specialista.
Con l’arrivo del caldo, molti accendono il condizionatore temendo però il classico “raffreddore da aria fredda”. Ma è davvero così? L’aria condizionata fa venire il raffreddore? La risposta è no — almeno non direttamente. Vediamo perché.
Raffreddore: colpa dei virus, non del freddo
Il raffreddore è un’infezione delle vie respiratorie causata da virus, in particolare rinovirus e coronavirus (non quelli legati al Covid-19). Si trasmette tramite:
contatto diretto con persone infette,
superfici contaminate,
microgoccioline emesse con tosse o starnuti.
Nessun virus, nessun raffreddore: l’aria fredda da sola non basta a farci ammalare.
Perché allora ci ammaliamo di più in ambienti climatizzati?
Ci sono alcuni motivi indiretti per cui l’aria condizionata può contribuire alla comparsa di sintomi simili al raffreddore:
1. Aria troppo secca
Il condizionatore tende a disidratare l’aria, rendendo le mucose del naso e della gola più secche e vulnerabili. Una mucosa secca è meno efficace nel bloccare virus e batteri.
2. Shock termici
Passare da un ambiente molto caldo a uno molto freddo (e viceversa) può causare un raffreddamento brusco delle vie respiratorie. Questo non scatena il raffreddore, ma può abbassare le difese immunitarie locali.
3. Scarsa manutenzione
I filtri del condizionatore vanno puliti regolarmente: altrimenti diventano ricettacolo di polveri, muffe e microrganismi che possono irritare le vie respiratorie.
Quindi è sicuro usare l’aria condizionata?
Sì, ma con qualche accorgimento:
Mantieni la temperatura tra i 24-26°C, evitando sbalzi troppo forti.
A proposito non perdetevi il nostro video su come regolare correttamente l’aria condizionata.
In conclusione
L’aria condizionata non causa il raffreddore, ma può favorire condizioni che rendono il nostro corpo più vulnerabile ai virus. La prevenzione passa da un uso corretto del climatizzatore e da una buona igiene.
Das perdita di pelo nel gatto può essere un fenomeno naturale legato ad una questione fisiologica, oppure può rappresentare un segnale relativo al disagio fisico o psicologico del felino. In condizioni normali, i gatti attraversano un periodo di muta stagionale, spesso in primavera e in autunno, durante il quale eliminano il pelo in eccesso per adattarsi ai cambiamenti di temperatura e umidità.
Questo processo, favorito dalle variazioni climatiche, non comporta particolari preoccupazioni se avviene in modo uniforme e senza lesioni cutanee. In caso contrario, bisogna immediatamente attivarsi per porre rimedio alla situazione.
Quando il gatto perde troppo pelo
Quando la perdita di pelo assume un carattere anomalo, con la comparsa di zone glabre, arrossamenti, desquamazioni o prurito, è necessario approfondire le possibili cause patologiche. Uno dei motivi più frequenti della perdita di pelo ‘a ciuffi’ viene rappresentato dalle infestazioni parassitarie.
Pulci, acari, funghi e zecche possono irritare la cute e stimolare una risposta ossessiva dell’animale, ad esempio quando il gatto si lecca o si gratta in maniera compulsiva. Questo comportamento, se si protrae nel tempo, può portare a delle vere e proprie lesioni cutanee e all’alopecia, ovvero alla perdita localizzata o diffusa del mantello.
Fra le cause più comuni alla base della perdita del pelo troviamo la dermatite del gatto, come spiegano le fonti online più esperte. Le forme allergiche, irritative o da contatto provocano delle infiammazioni cutanee che si manifestano tramite segnali come il prurito, il rossore e alle volte le secrezioni di pus. Le dermatiti allergiche, in particolare, possono essere scatenate da alimenti, pollini, detergenti o materiali sintetici. Anche in questi casi il gatto tende a grattarsi o a leccarsi intensamente, peggiorando la situazione e favorendo la caduta del pelo.
Dalla dieta allo stress: gli altri fattori
Un ruolo importante viene svolto dall’alimentazione, visto che una dieta povera di nutrienti essenziali compromette la salute del mantello e della cute del gatto. Das carenza di vitamine A, E e D, e di sali minerali come lo zinco e il rame, influisce negativamente sulla salute dei follicoli piliferi: in sintesi, il pelo diventa più fragile, opaco e dunque maggiormente soggetto a caduta.
Un’alimentazione sbilanciata può inoltre compromettere il corretto equilibrio ormonale, causando delle alterazioni metaboliche che si riflettono sull’integrità del tessuto cutaneo.
Oltre ai fattori organici, esistono anche delle motivazioni di tipo comportamentale alla base della caduta del pelo. I gatti esposti a situazioni di stress, come il trasloco, i rumori forti o i conflitti con altri animali, possono sviluppare delle forme di grooming compulsivo.
Questo comportamento spinge il felino a pulirsi in modo eccessivo, causando nel tempo la perdita dei peli, gli arrossamenti e le irritazioni localizzate. Non bisogna poi dimenticare che la presenza di boli di pelo nell’apparato digerente può causare vomito, stitichezza o blocchi intestinali.
La prevenzione e la diagnosi precoce risultano cruciali per la corretta gestione del problema. L’utilizzo regolare degli antiparassitari, sempre sotto controllo veterinario, riduce infatti il rischio di infestazioni. Anche la pulizia quotidiana con prodotti specifici e a pH fisiologico aiuta a mantenere la cute del gatto sana e protetta. Il veterinario, in ogni caso, deve sempre essere Il veterinario la figura di riferimento.
Produrre energia solare camminandoci sopra è oggi una possibilità concreta. Il pavimento fotovoltaico calpestabile rappresenta una delle soluzioni più innovative nel campo del fotovoltaico integrato agli edifici (BIPV), pensato per tutti quei contesti in cui l’installazione dei pannelli solari tradizionali risulta complessa o impossibile.
Grazie a piastrelle fotovoltaiche ad alta efficienza, questa tecnologia permette di trasformare superfici orizzontali pedonabili in fonti di energia pulita, senza rinunciare all’estetica o alla funzionalità.
Ideale per centri storici, condomini, abitazioni al piano terra o tetti non idonei, il fotovoltaico calpestabile è una risposta concreta a esigenze di spazio, vincoli architettonici o semplicemente al desiderio di massimizzare la resa di un impianto solare esistente. Le pavimentazioni fotovoltaiche possono essere installate su terrazzi, balconi, attici o tetti piani, offrendo una soluzione efficiente, discreta e resistente.
Realizzate con materiali altamente tecnologici, le piastrelle solari sono progettate per essere antiscivolo (certificazione R11), impermeabili, resistenti al gelo e all’usura quotidiana. Non solo: sono anche facili da installare e perfettamente integrabili in qualsiasi contesto architettonico.
Cos’è il pavimento fotovoltaico calpestabile e come funziona
Il pavimento fotovoltaico calpestabile è una forma avanzata di fotovoltaico architettonico integrato (BIPV) che consente di produrre energia elettrica sfruttando superfici orizzontali normalmente destinate al passaggio pedonale.
A differenza dei pannelli solari tradizionali, queste soluzioni si presentano sotto forma di piastrellefotovoltaiche o mattonelle fotovoltaiche progettate per resistere al calpestio, agli agenti atmosferici e ai cambiamenti climatici estremi.
Le piastrelle solari sono costituite da moduli in vetro stratificato antiscivolo, trattati per ottenere un coefficiente R11 che garantisce sicurezza anche in condizioni di pioggia o ghiaccio. Ogni unità è dotata di celle fotovoltaiche ad alta efficienza, incapsulate in uno strato protettivo che ne preserva la resa energetica nel tempo. La superficie esterna è progettata per sopportare carichi statici e dinamici, rendendola adatta a camminamenti, terrazzi, cortili e persino piazze pubbliche.
Il funzionamento è identico a quello di un normale pannello solare fotovoltaico: la luce solare viene catturata dalle celle e trasformata in energia elettrica, che può essere utilizzata direttamente, immagazzinata in batterie o immessa nella rete domestica. L’innovazione sta nell’integrazione totale nel contesto architettonico, senza impatto visivo e senza occupare nuovi spazi.
Il pavimento fotovoltaico calpestabile deve essere installato da aziende specializzate. Vi segnaliamo ad esempio la Enersun, il brand di punta di New Time SpA, azienda leader nel settore dell’outdoor design con oltre 25.000 installazioni di prodotto realizzate in tutta Italia.
Un altro vantaggio chiave della pavimentazione fotovoltaica è la sua modularità: ogni piastrella funziona in modo indipendente, consentendo la personalizzazione dell’impianto in base alle dimensioni disponibili e alla quantità di energia richiesta. Le connessioni elettriche sono progettate per essere nascoste e protette, mantenendo l’estetica minimale e l’impermeabilità del sistema.
Oltre alla produzione di energia, le piastrelle fotovoltaiche offrono una finitura elegante, disponibile in vari colori e texture, adatta sia a contesti moderni che storici. Il risultato è una superficie calpestabile che unisce funzionalità, efficienza energetica e design architettonico, valorizzando ogni metro quadro disponibile.
Quando scegliere un pavimento fotovoltaico al posto dei pannelli
Il fotovoltaico calpestabile rappresenta una soluzione strategica in tutti quei contesti in cui i classici pannelli solari non possono essere installati, sia per limiti strutturali che per vincoli paesaggistici o normativi. Uno dei principali vantaggi delle piastrelle fotovoltaiche è la capacità di adattarsi a situazioni complesse, senza compromettere l’efficienza energetica o l’estetica dell’edificio.
Chi vive in centro storico, ad esempio, spesso si scontra con divieti di installazione di moduli solari sui tetti, per preservare il patrimonio architettonico. In questi casi, optare per una pavimentazione fotovoltaica permette di produrre energia senza alterare la fisionomia degli immobili. Lo stesso vale per i condomini, dove l’accesso al tetto è condiviso o limitato, rendendo difficile la realizzazione di un impianto tradizionale.
Anche chi abita al piano terra o in edifici con coperture non idonee (orientamento sfavorevole, ombreggiamenti, tetti in eternit o con pendenza insufficiente) può trarre grande beneficio dalle piastrelle solari. Basta disporre di uno spazio esterno calpestabile come un balcone, terrazzo o cortile, per rendere possibile l’installazione.
Un ulteriore caso d’uso è rappresentato dagli impianti fotovoltaici già esistenti: quando il tetto ha raggiunto la sua massima capacità di carico o lo spazio disponibile è esaurito, è possibile aumentare le prestazioni complessive dell’impianto aggiungendo una pavimentazione fotovoltaica sulle superfici orizzontali.
Le mattonelle fotovoltaiche offrono una soluzione discreta, elegante e perfettamente integrabile, senza necessità di opere murarie invasive. Non richiedendo strutture di supporto o modifiche alla copertura, il fotovoltaico calpestabile è spesso più semplice da ottenere anche dal punto di vista delle autorizzazioni edilizie.
Scegliere questa tecnologia significa quindi valorizzare ogni centimetro disponibile, trasformando in energia rinnovabile superfici altrimenti inutilizzate, e rendendo accessibile il fotovoltaico a una platea molto più ampia.
Dove installare le piastrelle fotovoltaiche: applicazioni e spazi ideali
Uno dei punti di forza del pavimento fotovoltaico calpestabile è la sua versatilità: può essere installato su una vasta gamma di superfici, trasformando ogni area esterna in una fonte di energia rinnovabile. Le piastrelle solari sono progettate per integrarsi perfettamente in contesti residenziali, commerciali o pubblici, offrendo prestazioni elevate senza limitare l’uso quotidiano degli spazi.
Le applicazioni più comuni includono:
Tetti piani: spesso presenti in edifici moderni o industriali, i tetti piani rappresentano una superficie
ideale per la posa di piastrelle fotovoltaiche, soprattutto quando non si vogliono installare
strutture inclinate o ingombranti
Terrazzi e attici: le coperture accessibili degli edifici possono diventare aree produttive grazie alla pavimentazione fotovoltaica. Il vantaggio è doppio: mantenere la fruibilità dello spazio e allo
stesso tempo generare energia pulita
Balconi e logge: anche le superfici di dimensioni ridotte possono ospitare mattonelle fotovoltaiche, contribuendo al fabbisogno energetico dell’abitazione e aumentando l’autonomia
elettrica, soprattutto in combinazione con sistemi di accumulo
Cortili e vialetti pedonali: in contesti condominiali o villette a schiera, i pavimenti fotovoltaici
possono essere installati in aree comuni, valorizzando spazi altrimenti inutilizzati e promuovendo la
sostenibilità condivisa
La facilità di posa è uno degli aspetti più apprezzati: le piastrelle fotovoltaiche si installano come una pavimentazione tradizionale, senza necessità di interventi strutturali importanti. Il sistema è modulare e scalabile, quindi è possibile partire da piccole superfici e ampliare l’impianto nel tempo.
Un altro punto di forza è l’integrazione estetica: disponibili in diverse finiture e tonalità, le piastrelle solari si armonizzano con materiali come il grès, la pietra o il cemento, mantenendo l’aspetto coerente con il contesto architettonico. Questo le rende particolarmente indicate anche in ambienti vincolati o in edifici storici.
Sfruttare superfici orizzontali già esistenti per la produzione di energia significa ottimizzare lo spazio e aumentare l’indipendenza energetica dell’immobile, senza sacrificare funzionalità o design.
Vantaggi tecnici ed estetici della pavimentazione fotovoltaica
Il pavimento fotovoltaico calpestabile non è solo una soluzione funzionale, ma anche un elemento di valore architettonico ed estetico. Grazie alle sue caratteristiche tecniche avanzate, rappresenta un’alternativa concreta ai pannelli solari tradizionali, capace di unire efficienza, sicurezza e design.
Dal punto di vista tecnico, le piastrelle fotovoltaiche garantiscono prestazioni eccellenti in qualsiasi condizione climatica. Tra i principali vantaggi:
Calpestabilità certificata: progettate per resistere a carichi elevati e all’usura quotidiana, le mattonelle fotovoltaiche sono ideali per superfici ad alto passaggio pedonale, senza rischio di
danneggiamento delle celle
Antiscivolo R11: la superficie in vetro speciale trattato consente l’utilizzo in sicurezza anche in
presenza di acqua, neve o ghiaccio. Questo le rende perfette per terrazzi, balconi e camminamenti
esposti agli agenti atmosferici
Effetto antighiaccio: le piastrelle solari presentano una ridotta formazione di ghiaccio superficiale,
migliorando la fruibilità delle superfici anche durante l’inverno e riducendo i rischi legati alle basse
temperature
Impermeabilità: il sistema di incapsulamento e le guarnizioni perimetrali impediscono infiltrazioni
d’acqua, preservando sia l’impianto che la struttura sottostante
Facilità di installazione: la posa avviene come una normale pavimentazione, senza dover ricorrere
a complesse strutture di supporto. I cavi e le connessioni restano nascosti sotto le piastrelle, per un
risultato pulito e ordinato
Oltre agli aspetti tecnici, il fotovoltaico calpestabile si distingue per l’eleganza e la discrezione del suo design. Le piastrelle fotovoltaiche sono disponibili in diverse finiture, con colori e texture che si integrano facilmente in contesti sia moderni che storici. Questa flessibilità estetica permette di mantenere l’armonia architettonica dell’edificio, valorizzando balconi, terrazzi e cortili senza impatti visivi evidenti.
In più, la capacità di adattarsi a qualsiasi superficie calpestabile consente una progettazione su misura, trasformando spazi comuni o privati in aree produttive e sostenibili. Tutto questo contribuisce non solo al risparmio energetico, ma anche all’aumento del valore dell’immobile.
Oltre a prenderci cura della Terra e di come renderla migliore, noi ci occupiamo anche di rendere sicuri i tuoi dati, rispettando tutte le normative vigenti in termini di gestione dati personali e uso deii cookies presenti in questo portale. Prima di continuare la navigazione, per favore accetta la nostra gestione di privacy e cookies
Close your account?
Your account will be closed and all data will be permanently deleted and cannot be recovered. Are you sure?